Ben Hur, una storia di ordinaria periferia di Gianni Clementi
Roma, Teatro Ghione, 8 – 19 aprile 2015.
Tempo fa sono rimasta colpita da un film che girava su Sky di cui avevo visto solo il quarto d’ora finale. Era intensamente drammatico ma aveva in sé una comicità amara.
Al teatro Ghione di Roma dal 8 al 19 aprile è andato in scena “Ben Hur” una storia di ordinaria periferia, spettacolo arrivato quasi alla trecentodecima replica che altro non è che la versione teatrale nonché originale del film di cui sopra.
Gli attori Paolo Triestino, Nicola Pistoia e Elisabetta De Vito sono meravigliosi, danno vita ad una storia intrisa di problemi del quotidiano tanto semplici quanto drammatici come il non riuscire ad arrivare a fine mese. In un panorama desolante fatto di povertà, di estrema periferia romana, di piccolezza d’animo si assiste ad un intreccio di esistenze disgraziate che dopo situazioni esilaranti conduce ad un finale aspro e duro, dove si è costretti a pensare che alcune volte nella vita non c’è speranza soprattutto se sei agli ultimi posti della catena di un sistema sociale malato.
Gianni Clementi è l’autore del lavoro teatrale scritto proprio pensando alla coppia Triestino – Pistoia, usando l’attuale dialetto romano che per tutta la durata dello spettacolo fa da contraltare alla perfetta simulazione della parlata italo-romano-bielorussa del personaggio Milan, portato magistralmente alla ribalta da Paolo Triestino. Poveracci romani quindi che per campare fanno i centurioni al Colosseo e poveracci provenienti dall’est che per campare fanno qualsiasi lavoro.
Pur trattando argomenti spinosi non c’è morale ostentata, ma solo presentazione della realtà portata all’eccesso, che necessariamente conduce il pubblico più sensibile a prendere una posizione interiore.
Una regia semplice con qualche trovata interessante come la proiezione di alcuni spezzoni del film Ben Hur (quello originale) per i cambi scena, unita ad una scenografia verista, fanno ancor più emergere il testo e la recitazione, veri e propri capolavori.
recensione di Claudia Pignocchi