NO – I giorni dell’arcobaleno di Pablo Larrain, con Gabriel Garcìa Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Nestor Cantillana, Luis Gnecco, Alejandro Goic. Cile, Francia, USA, 2012
Reso noto in Italia da Roberto Saviano che ne ha fatto oggetto di un monologo nella puntata di Servizio Pubblico del 25 Aprile scorso dopo una fugace apparizione nelle nostre sale, sta finalmente per uscire in DVD l’importante film di Pablo Larrain.
NO a cosa? Perché l’arcobaleno?
Le semplici opzioni “Sì” e “No” sono le scelte secche che classicamente si presentano davanti all’elettorato in un referendum, come quello che avvenne nel 1988 in Cile sulla permanenza o meno del generale Augusto Pinochet alla Presidenza del Paese. Un referendum, provocato da pressioni internazionali, con il quale la dittatura cercava per la prima volta il consenso democratico. Un referendum costruito ad arte (incredibilmente semplicistico: volete che il nostro Presidente Pinochet rimanga al potere altri 8 anni, sì o no?), teoricamente impossibile da vincere per l’opposizione, ma che darà un risultato assolutamente sorprendente.
Il film racconta la straordinaria avventura della campagna elettorale fatta dagli oppositori di Pinochet, che promuovevano il “NO” alla conferma del generale. Le persone che hanno subito, insieme a familiari ed amici, le più atroci umiliazioni immaginabili da parte del regime (parliamo di arresti, torture, scomparse misteriose, esecuzioni sommarie, esili forzati) e che vorrebbero non fare altro che rendere giustizia alla propria rabbia e repressione mostrando le violenze occorse, si lasciano convincere da un pubblicitario professionista (Renè Saavedra, interpretato da Gabriel Garcìa Bernal, reso già molto famoso dal film I diari della motocicletta) a puntare non su una campagna di denuncia degli orrori della presidenza Pinochet, ma ad un felice sguardo verso il futuro: “la alegria ya viene” , l’allegria sta per arrivare, è lo slogan che Renè suggerisce per la campagna. E l’arcobaleno è il simbolo della serenità incombente, dopo la tempesta della dittatura.
(Se volete, è possibile visionare a questo link l’intera campagna pubblicitaria della fazione per il “NO” che fu veramente utilizzata e di cui si vedono spezzoni nella pellicola).
Costruendo un percorso che parte dal mostrare il travaglio che politici di lungo corso vivono a causa un tipo di comunicazione a loro non confacente, il film riesce poco a poco a convincere anche gli spettatori delle possibili riserve che possono in loro nascere sulle scelte di René, fino a dimostrarne la giustezza. Per il protagonista quella di mostrare allegria è una vera ossessione, che non si ferma nemmeno quando a parlare negli spot televisivi del “NO” è il leader della coalizione: troppo lento, troppo serio, bisogna rendere tutto felice, celebrativo, ironico. Un modo di comunicare che rischierebbe di passare, presso navigati della politica, come superficiale, in questo caso coglie in pieno la profondità della voglia di cambiamento avvertita dai cileni in quel momento storico e a farla esplodere. Eppure il finale del film, a ben vedere, lascia pensare che in fondo per René quello non è stato che un lavoro come un altro….
Nel suo intervento a Servizio Pubblico, Saviano ha cercato di enfatizzare molto, con il chiaro intento di criticare così l’attualità politica italiana, questo aspetto conflittuale tra vecchia e nuova generazione, tra politici democristiani, socialisti e comunisti abituati a far risaltare molto le criticità degli avversari fino a rendere drammatici e pesanti i discorsi fatti, e la voglia di stupire tipica di un giovane degli anni’80 abituato a lavorare per grandi corporazioni, che non desidera esacerbare la dialettica contro l’avversario politico ma puntare più sull’idea di futuro che si vuole proporre. Eppure io credo che a Saviano è mancato cogliere l’aspetto contestuale, per costruire la sua critica alla politica contemporanea: la campagna del “NO” del 1988 fu in effetti geniale, perché si puntò molto a dimostrare quanto felice e invidiabile potesse essere la democrazia, rispetto alla scelta di lasciarsi governare dagli stessi musi duri per ancora tanti anni. Ma nella politica di oggi tale missione è molto più complessa: c’è chi per puntare a messaggi pieni di cieli azzurri nega o ignora la complessità dei problemi che si vivono, e spesso occorre smascherare questa ipocrisia per costruire una alternativa vera. Inoltre quella campagna del “NO”, pur puntando a una sorprendente comunicazione di gioia, non voleva smettere di denunciare l’avversario per ciò che era, e riguardo questo punto Saviano nel suo monologo sembra sottovalutare l’ importanza di tale denuncia in campagna elettorale, salvo poi rendersi conto che nel film stesso René deve cedere alla necessità di far parlare le madri dei desaparecidos. D’altro canto, senza alcun dubbio occorre incanalare questa complessità del reale in un messaggio sincero di speranza e futuro migliore ancora oggi, sicuramente anche puntando ad essere compresi da chi è diverso da sé.
Proprio in ragione di questa ultima considerazione, possiamo dire che il film riesce nell’intento di mostrare come un sentimento e una volontà di cambiamento, possa diventare realtà, se impostati in maniera credibile.
Difficile trovare particolari difetti nel suo complesso (peraltro è importante sottolineare che racconta fatti veramente accaduti durante la gestione di questa campagna, non utilizzando però i veri nomi dei protagonisti delle vicende, a parte quello delle figure storicamente più importanti), se non che si potrebbe considerare come poco altro che un riempitivo la personale vicenda sentimentale del protagonista, poco enfatizzata e poco ricevibile come determinante per la storia raccontata.
Una chicca del film è che è stato girato con telecamere che si usavano negli anni ’80: un trucchetto che rende ancora più godibile la visione del film, arrivando a farlo sembrare quasi un documentario. Un’altra ancora è che le inquadrature sono quasi sempre molto ravvicinate: è forse questo un tentativo di puntare il dito sui personaggi del film, di inchiodarli alle loro responsabilità storiche?
Recensione di Christian Dalenz