Miele, di Valeria Golino con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo, Iaia Forte, Vinicio Marchioni, Roberto De Francesco, Barbara Ronchi. Francia – Italia 2013, 96 minuti.
Miele una dolce parola per raccontare la “Dolce Morte”, cioè l’eutanasia o il suicidio assistito. Al di là di tecnicismi e definizioni il tema dell’arrivo alla fine della vita mi sembra molto attuale e molto sentito in una società che sta rapidamente invecchiando, o forse lo è per me che l’ho affrontato meno di un mese fa.
La scelta di Valeria Golino di esordire con un film di argomento così delicato sembra perciò molto attuale ma anche piuttosto azzardata perché il tema è davvero difficile e complesso toccando aspetti filosofici, religiosi, morali, etici oltre che profondamente intimi ed umani.
La storia parla di una giovane donna, nome in codice appunto Miele, che dietro lauto compenso economico, con abnegazione e quasi con vocazione religiosa si dedica a procurare medicine ed assistenza a chi decide, in compagnia dei propri familiari, di porre fine alla propria vita giudicata ormai non più degna di tale nome poiché è affetto da gravi ed incurabili malattie terminali. Tutto fila liscio e la logica organizzazione sembra anche giustificabile da un nobile intento fino all’incontro con un singolare paziente, un colto e acuto ingegnere non più giovanissimo, che prende la medesima decisione nonostante non sia malato nel corpo ma piuttosto nell’anima e ha deciso con una misteriosa ed agghiacciante razionalità che la sua esistenza non vale più la pena di essere vissuta. La studiata logica della protagonista allora entra in crisi e contrariamente alla prassi che consiglia a Miele di non farsi coinvolgere emotivamente dalle vite dei suoi “pazienti” instaura una profonda relazione umana con l’anziano ingegnere che mette in risalto quanto la sua esistenza sia in realtà segnata dalla solitudine e dalla mancanza di affetti e riferimenti.
Il film ha sicuramente il merito di non calare nel facile melodramma e di non prendere le parti di alcuna fazione su un argomento così intimo e delicato, suscitando invece in ogni coscienza spunti di profonda riflessione.
Quello che però lascia un po’ di amaro in bocca è lo stile narrativo troppo studiato e poco spontaneo, un po’ manierista. La costruzione dei personaggi è un po’ rigida e formale: la brava Jasmine Trinca nei panni di Miele propone un personaggio che rimane un mistero, non appare umanamente credibile ma piuttosto come l’immagine esteriore di un profondo conflitto interiore che però non è approfondito nel corso del film. Così pure l’enigmatico coprotagonista ingegnere, l’altrettanto bravo Carlo Cecchi, a tratti sembra una macchietta dello stereotipo intellettuale romano, lontano dal volgo, cinico quanto basta e un po’ snob, ma non è descritto con la vivida passione che pur potrebbe suscitare. Come se tutta la freddezza delle azioni che compie Miele si manifestasse in un rigido stile cinematografico, di maniera, molto curato esteriormente ma con poco sentimento. Si racconta la sofferenza ma non si sente….
Eppure il personaggio di Miele non dimostrerebbe di essere freddo ma cerca di accompagnare alla fine della vita con affetto e cura della dignità umana fino alla fine, un dilemma accennato nel film ma poco approfondito…… Sembra che la cura meticolosa di tutti gli aspetti tecnici (dalla musica studiatissima per ogni circostanza, alle singole curatissime inquadrature, alla scelta delle location tutte ultra accattivanti…..) sia portata fin allo spasimo, quasi un atteggiamento compulsivo verso il controllo di ogni singolo particolare che descrive nel dettaglio la situazione ma non suscita la minima empatia……
In ogni caso onore al merito di una Valeria Golino esordiente alla regia, che ha dimostrato grande coraggio e un impegno estremo nella cura del suo film primogenito, accompagnandoci in una importante riflessione sugli affetti che la vita necessariamente ci porta via lasciandoci un grande vuoto dentro e la domanda su cosa può fare chi resta per accompagnare nel modo migliore chi ama verso una Morte dolce come il Miele, con la consapevolezza che mai e poi mai la morte sarà dolce, almeno per chi resta……
Recensione di Susanna