Roma, Stazione Birra , 10 aprile 2008
Nella bella ed intima cornice della “Stazione Birra”, Tom Verlaine, accompagnato da un valente chitarrista come Jimmy Rip, gìà insieme ad Hall & Oates, Deborah Harry, Patti Smith, e molti altri, ci ha regalato una suggestiva performance.
Il clima era quello dei piccoli grandi eventi della musica, con un pubblico di non più di duecento persone, ma selezionate e profonde conoscitrici della poetica del musicista, fondatore dei mitici Television. Questo gruppo, erede dei Velvet Underground, costituisce un pilastro della “New Wave “newyorkese: esso in album indimenticabili come “Marquee moon” e “Adventure” rifondò la psichedelia, rivestendola di graffianti sonorità “punk”, soprattutto nel primo dei dischi citati, creando una poetica visionaria e suggestiva, con nobili richiami all’avanguardia degli anni 70, tantochè Brian Eno ne produsse alcuni demo iniziali.
Ammiratore di Paul Verlaine, dal quale riprese il nome (si chiama Thomas Miller), dopo lo scioglimento del gruppo intraprese una alterna carriera solista, della quali i primi dischi “Tom Verlaine”, “Dreamtime” e soprattutto “Words from the front” restarono negli annali del “Rock”, e contribuirono a farlo ritenere dalla critica specializzata uno dei primi 100 chitarristi mai esistiti.
Il concerto è iniziato con la ballata d’intensità religiosa “Souvenir from a dream” tratta dal primo, omonimo, album solista, riproposta nel suo originale splendore, per poi continuare con le avvolgenti “The earth is in the sky” e “Orbit”, tutte tratte dall’album del 2006, “Songs and other things”.
La performance è continuata con la drammatica “Prove it”, stravolta rispetto all’originale capolavoro tratto da “Marquee Moon”, ma egualmente suggestiva, e poi con la sognante, soffusa “Words from the front”.
“Autumn mist”, brano che sembra librarsi nello spazio, evocando suggestioni visive, non a caso abbiamo scoperto essere stata composta nell’ambito delle ricerche effettuate negli ultimi anni con Jimmy Rip nel campo della cinematografia surrealista degli anni venti e trenta. Una melodia leggera, insolitamente quasi allegra, si è espressa in “Documentary”, dopodichè il musicista è tornato all’aspra e tagliente psichedelia degli esordi dei Television con“Little Johnny Jewel”, molto gradita dal pubblico, che si estesa per molti minuti con armonie scarne, ipnotiche e visionarie.
Il concerto si è concluso con “Nice actress”, energica e avvolgente, nella quale i due musicisti hanno dato prova di una grande sintonia chitarristica; a stento è stato concesso un solo bis, la splendida “O foolish hearth” tratta dall’album “Cover”.
Se un difetto si è potuto ravvisare nella performance è certamente la voce di Verlaine, sottotono, non più dolce e sognante come un tempo; la serata, comunque, per i conoscitori di questo misconosciuto poeta del rock, dal carattere molto difficile, che ha spesso affiancato Patti Smith nei suoi concerti, e con la quale condivide la concezione della necessità di esprimere visionarietà nell’arte, rimane indimenticabile: il palco era rivestito di rosso, ed i musicisti sfoggiavano abiti neri, in puro stile Television.
Poeta triste e meditabondo, chitarrista aspro e fortemente immaginifico, Verlaine ha contribuito a gettare un ponte tra la psichedelia tagliente e disperata dei “Velvet Underground” e dei gruppi degli anni sessanta, come i grandi Jefferson Airplane, e la New Wave più raffinata e malinconica degli anni ottanta novanta, come quella espressa dai “Durutti Column”, con grande coraggio, sfidando con rigore la costante indifferenza delle major e, conseguentemente, del grande pubblico.
Ciò ha presto contribuito a creare intorno alla sua arte un’aura di sofisticata leggenda, dal momento che non è affatto infrequente che i grandi musicisti vivano sconosciuti ai più, e le loro opere costituiscano rare e splendide gemme, spesso scoperte e valorizzate dai posteri.
recensione by DARK RIDER
Le foto del concerto sono state gentilmente concesse da Simone Cecchetti
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