Of Monsters and Men, Roma Piper 19 Marzo 2013
Può una band che viene dalla gelida Islanda riscaldare fino a far esplodere un Piper Club stracolmo in ogni ordine di posto? La risposta è un secco e deciso si se si parla dei Of Monsters and Men, band adorata nel circuito indie con all’attivo un primo folgorante cd “My head is an animal” che dimostra tutta la vivacità e l’importanza che la piccola isola con bassissima densità di abitanti sta via via dimostrando nel panorama culturale mondiale. Of Monsters and Men si distinguono però dai vari Sigur Ros, Bjork e simili, non giocano con campionamenti o con musica onirica e avvolgente. Qua si parla di chitarre acustiche, pianoforti, trombe, insomma strumenti convenzionali per canzoni però assolutamente non convenzionali, fresche , con la voce particolarissima di Nanna Bryndís Hilmarsdóttir a declamare storie dove la natura la fa da padrona, dove vive la tradizione orale dell’Isola, leggende e immagini molto affascinanti, fuori insomma dalla routine cuore amore. E in fondo da una band proveniente da un posto così intrigante e particolare non ci si può che aspettare una produzione che esuli in qualche modo da un comune sentire e da immagini già battute e descritte in precedenza . La cosa che appunto fa ben sperare e rende questa serata molto speciale è appunto vedere un Piper così stracolmo e pieno di entusiasmo per ogni nota suonata dalla band e un età media molto bassa. Segno che la musica dal vivo di qualità apre brecce anche nelle giovanissime fasce d’età.
Per quanto riguarda invece il live show della band islandese c’è da dire che il loro repertorio live per questa sera si basa esclusivamente sui brani del loro cd d’esordio, non un brano in più, né uno in meno. E anche l’esecuzione live è esattamente fedele a quello che si sente su cd. Ma la band gira bene, coinvolge, affascina l’audience, i musicisti, ottimi, si scambiano spesso gli strumenti, la trombettista Ragnhildur Gunnarsdóttir si cimenta anche con la fisarmonica e le percussioni, o la stessa Nanna a volte lascia la sua chitarra acustica per percuotere assieme Ragnhildur i tamburi. E il batterista Arnar Rósenkranz Hilmarsson imbraccia anche lui la fisarmonica. Questo crea un dinamismo e un bello scambio di sinergie sul palco dove la band si diverte, e tiene in pugno benissimo un Piper come detto prima adorante. I ritmi dei brani e i vari singalong poi creano un forte senso di comunione tra band e pubblico (Basta sentire “Little Talks” cantata tutt’una con l’audience) Una comunione che prosegue ininterrottamente dal primo all’ultimo brano del live set. Questo a pochi giorni da un altro trionfo annunciato quello dei Mumford and Sons al Palatlantico, un gustoso antipasto di una stagione importantissima per quanto riguarda i live shows a Roma.
Recensione di Fabrizio Fontanelli