Anna Karenina, di Joe Wright. Con Keira Knightley, Jude Law, Aaron Johnson, Kelly MacDonald, Matthew MacFadyen. Durata 130 min. – Gran Bretagna 2012.
La versione di Anna Karenina proposta da J.Wright è indubbiamente originale e sorprendente. Cinema in teatro: una scelta che da una parte allegerisce la rappresentazione del melodramma e dall’altra nobilità il valore della letteratura. Un romanzo così importante e noto che ha avuto già diverse trasposizioni cinematografiche e che racconta una storia nota a tutti e peculiare nella sua drammaticità, è stato trasformato in un viaggio dell’immaginazione e dell’anima. Tolstoj sarebbe stato soddisfatto di questo film perchè non tradisce alcuna retorica sentimentale e non dimentica la profonda trasformazione esistenziale che avviene nei personaggi più importanti: Anna e Levin. Anna rappresenta il dolore che uccide mentre Levin il dolore che libera.
I personaggi nella loro duplice identità di attori e di esseri umani, sono al tempo stesso rappresentazione della finzione scenica e interpreti vivi di una vicenda. La società aristocratica russa dell’eposa è conformista e moralista, costretta in un mondo artificioso e formale in cui ognuno recita la sua parte come in teatro. Tutti i personaggi sono significativi e funzionali allo sviluppo della storia anche se qualcuno ha un ruolo meno evocativo . Come nel caso di Karenini, il marito di Anna, che pur incarnando tutto il perbenismo formale della società russa dell’epoca, esprime soprattutto la rabbia e la sconfitta inaccettabile del marito tradito e poi lasciato. Ha una umanità commovente e J. Wright sceglie secondo me, di mostrare di lui questa fragilità per restituire al personaggio uno spazio e un valore importanti nella intera vicenda. Anche Kitty, che appare quasi sbiadita davanti al fascino di Anna, alla sua consistente femminilità per la quale il conte Vronsky perderà la testa, si dimostrerà essere una donna decisa e forte e molto compassionevole. Quando suo maitrito Levin avrà bisogno del suo sostegno, lei ne sarà all’altezza, superando ogni asperttativa.
Dunque ci sono personaggi straordinari, dalle molteplici sfaccettature e imprevedibili risorse, come Levin e lo stesso Karenini, che supereranno il senso di sconfitta e disperazione trasformando il dolore nel veicolo della loro rinascita.
Sulla scelta degli attori, J. Wright non ha cercato la somiglianza coi personaggi originali di Tolstoj, e questo potrebbe disorientare sul momento chi volesse restare sull’immagine del romanzo, essi sono l’anima del personaggio, sono l’idea: come ad indicare che questa rapresentazione estrapola, ma non è il romanzo. Quindi il confronto con l’opera di Tolstoj non si può fare, perchè potrebbe affossare una parte del film, che invece è molto bello, ben realizzato e poetico, e possiede un valore artistico tutto suo.
Quasi tutta la vicenda si svolge su un palcoscenico teatrale, dove vengono ricostruite l’interno di saloni da ballo, uffici e palchi d’opera. Sono scene che entrano l’una dentro l’altra come se si sfogliassero le pagine di un album e i personaggi potessero così passare da un momento all’altro della storia con estrema continuità. Le uniche scene all’aperto, in cui esplode una natura accesa di luce e colori, accolgono i momenti più riflessivi della storia, l’amore passionale, che avvinghia due amanti, il lavoro pesante nei campi che libera la mente da angustie superficiali e infine in un campo pieno di fiori la rinascita la pace e il perdono.
Recensione di Costance