Regia di Steven Soderberg con Benicio del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Catalina Sandino Moreno, Victor Rasuk Musica: Alberto Iglesias. Durata 126 min. – Usa, Francia, Spagna, 2008
Nel mainstream hollywoodiano Steven Soderbergh è un regista insolito, capace di films interessanti, fortemente autoriali, (come Sesso, bugie e videotape) o di opere commerciali come la serie Ocean’s, ma è comunque non privo di una sua cifra stilistica e di un certo rigore espressivo. Di fatto il filmaker si è sempre concesso coraggiose incursioni nei territori del cinema sperimentale, realizzando una perfetta strategia della inappartenenza a qualunque genere.
Ce lo conferma in questo Che-L’Argentino, prima parte di un dittico su Guevara (la seconda parte, Che-Guerriglia, uscirà il 30 aprile), che è opera solida e ben strutturata, ove l’Autore realizza un film introverso, in bilico tra film d’azione e d’introspezione etico politica. Il film racconta l’incontro che il Che ebbe con Fidel Castro in un salotto di Città del Messico, la maturazione dell’esperienza rivoluzionaria, la visita a New York, in qualità di delegato del governo di Cuba all’Onu ed il suo intervento antimperialista, la campagna nella Sierra Maestra da cui partì la riappropriazione del territorio che pose le basi del successo della rivoluzione cubana. La narrazione è lenta, compassata, a tratti documentaristica, totalmente antiretorica; il Che ne esce comunque come un gigante della Storia, sorta di Garibaldi Latino Americano, ottimamente interpretato da Benicio del Toro, che persino fisicamente lo ricorda notevolmente. L’ambientazione è perfetta, credibili le scene di vita quotidiana e di guerriglia, e le traversie dei Barbudosdurante la lunga campagna, la loro tenacia, ed il profondo idealismo, ravvisabile persino e sopratutto nei più giovani. Soderbergh ha il merito di percepire la natura apolide di Guevara, che viene sollecitato da Castro a non sentirsi più uno straniero, ma che in realtà è tale, rispetto a Cuba; egli è un guerrigliero internazionalista: al contrario di Castro non combatte per la propria terra, che, infatti dopo la rivoluzione dovrà amministrare, ma combatte, con supremo idealismo per l’umanità intera, in una concezione totalmente universalistica, che lo porterà inesorabilmente al dramma boliviano. Il film ha anche dei momenti di grande suggestione, come lo sfaldamento dell’esercito di Batista, durante la presa della Capitale, l’entusiasmo e la solidarietà popolare con la Rivoluzione sono ben delineati, ma, forse, un pizzico di pathos in più nei momenti salienti avrebbe giovato al fascino dell’opera; la natura visionaria del grande leader non viene approfondita, proprio per evitare la agiografia e la santificazione; però, in alcuni momenti, una certa piattezza narrativa e qualche eccesso didascalico rallentano l’efficacia di un’opera che è comunque la prima seria realizzata su una delle grandi icone del Novecento.
Recensione by Dark Rider