Nov 082012
 

Led Zeppelin – Celebration Day, di Dick Carruthers. Con Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones, Jason Bonham. Gran Bretagna, 2012
 

★★★☆☆

Gli appassionati del rock e di cinema non potevano chiedere di meglio, permettendogli di vedere al cinema l’unica reunion ufficiale dei Led Zeppelin in 33 anni dallo scioglimento (anche se fugaci performance ci sono state nell’85, nell’88 e nel ’95), il concerto di Londra del 2007! Così come di recente è stato fatto per Magical Mistery Tour dei Beatles, l’uscita al cinema del 17 Ottobre aveva lo scopo di promuovere l’uscita del DVD, il cui trailer promozionale qui segnaliamo http://www.youtube.com/watch?v=Q0D_HagQ4WQ. Per adesso quello su cui ci soffermiamo è il concerto stesso, entrato nel Guinness dei Primati per essere stato il concerto più ambito della storia della musica (5 milioni di richieste di biglietti per soli 18.000 biglietti venduti, ma che artifizi avranno fatto questi per riuscire ad entrare?), per cui questa recensione sarà una sorta di live report dai sedili comodi di un cinema, oltre che con le inquadrature che convengono a una lavorazione cinematografica. Ovviamente alla batteria non c’è il compianto John Bonham ma suo figlio, Jason.
Robert Plant ad un certo punto della serata spiega che “abbiamo pensato a come creare una serata dinamica dovendo scegliere da dieci diversi album”. La scelta delle canzoni può soddisfare perché di classici imprescindibili ce ne sono diversi, con in più qualche particolare sorpresa, ma conta molto come queste saranno suonate, direi. Dopo l’introduzione con filmati giornalistici d’epoca che esaltano il successo dei tour degli anni ’70, si parte con Good Times Bad Times (è anche il primo brano della tracklist del primo disco), con quell’inizio che dialoga tra batteria e chitarra che anche come inizio del concerto suona molto bene. Ovviamente alla batteria non c’è il compianto John Bonham ma suo figlio, Jason. Poi questi signori maturi, ma giovani dentro, scelgono un pezzo che, quando erano giovani anche fuori, inspiegabilmente lasciarono sempre fuori dai loro live, ma se chiedi in giro scopri che è tra i preferiti dei fan, tanto che nei best of è sempre presente: parlo di Ramble On, e suonandolo dal vivo questa volta cercano quindi di rendergli giustizia. Altra pietra miliare viene subito dopo, Black Dog (classico pezzo hard rock dove riff e voce parlano tra loro come nella migliore tradizione zeppeliniana), e poi un altra sorpresa: probabilmente volendo inserire qualche altro pezzo inaspettato, vanno a pescare For Your Life, mai eseguita dal vivo prima, e pensandoci bene, in questa prima parte del concerto, dal sound nettamente hard rock, può anche starci di sentirlo (ma io protesto lo stesso, perché in quell’album, Presence, c’è un capolavoro come Achilles’ Last Stand, certo capisco che è un pezzo lungo e forse stancante da suonare ma protesto lo stesso perché è un pezzo atomico e sarebbe stato superlativo sceglierlo per l’occasione). Dopo questo pezzo, introducendo la canzone seguente accade qualcosa che penso non abbiano davvero mai nemmeno considerato di fare: Plant ammette che Trampled Underfoot è ispirata a Terraplane Blues di Robert Johson, ma che all’epoca non se ne erano proprio accorti. Per quanto ne so io, questa è la prima volta che ammette sul palco una delle diverse accuse di plagi di classici blues che sono state addebitate al gruppo (ma in fondo quante cose sono state prese in prestito dal passato, in musica, nel blues in particolare? Plant infatti aggiunge che “forse anche Johnson l’avrà sentito da qualche altra parte”). Il pezzo seguente è invece una esplicita cover di un altro classico di Johnson, Nobody’s Fault But Mine, contenuta anch’essa in Presence, e anche qui Plant ricorda al pubblico le origini del pezzo.
Prendiamoci un momento di pausa per fare due considerazioni su quello che si è visto finora: 4 signori che sappiamo essere dei grandissimi, ma che purtroppo a mio avviso non riescono a rappresentare la stessa forza della natura che erano 30-40 anni prima. Quell’hard rock espresso da ragazzi di 20-30-40 anni è una cosa, fatto in un modo un pochino più fiacco a 60 anni risulta un revival simpatico, ma non la band di una volta. Però sicuramente questa parte del concerto è servita a scaldare la voce di Plant e le dita di Page: entrambe finora sono piaciute ma francamente non entusiasmato come ai tempi.
Ci inoltriamo adesso in quella che mi sembra poter definire la seconda parte del concerto, fatta con i pezzi più introspettivi della ditta del dirigibile: No Quarter mantiene tutta la sua magia, un pezzo dove John Paul Jones mostra tutta la sua abilità da pianista. Segue Since I’ve Been Loving You, uno dei loro blues più sentiti: qui mi è sembrato che la chitarra di Page ha raggiunto uno dei momenti più felici della serata. Con il pezzo seguente (“questo proprio non poteva rimanere fuori” dice Plant nel presentarlo) Page ci ricorda almeno qualcuna delle sue magie: durante l’esecuzione di Dazed and Confused tira fuori l’archetto da violino e produce suoni demoniaci come una volta sulla sua Les Paul: 30 anni prima queste acrobazie erano molto lunghe, ora ascoltiamo solo un dignitoso ricordo, bello ma non altrettanto fastoso. A seguire il pezzo di cui Plant neanche si spreca a dire che non poteva rimanere fuori perché niente poteva essere più ovvio: Stairway to Heaven. Esecuzione lineare, la suonano così come la conosci e poco di più. Poi The Song Remains The Same, che diede il titolo a un famoso film fatto per mandare su pellicola un loro live dei’70. Con Misty Mountain Hop, Plant si fa accompagnare alla voce da Jason Bonham (“perchè ha una buona voce”, in effetti quando introduce il pezzo cantando “I can’t quit you baby” qualcosa di buono la si sente), e poi arriva uno dei momenti del concerto in cui la magia si fa più intensa, l’esecuzione di Kashmir. Si chiude con due pezzi dove Page si scatena: l’imprescindibile Whole Lotta Love, con magie al vecchio fidato Theremin (un arnese inventato negli anni ’40 che emette onde sonore manipolabili con le mani) e Rock and Roll.
Si può allora dire che questo è stato un grande concerto, che abbiamo rivisto qualcosa che sembrava fosse solo dentro filmati vintage? Beh la band c’è, diverte ed emoziona, ma non è esattamente QUEL gruppo. Penso che quando hai 60 anni i tuoi interessi cambino (Plant è stato molto attratto dalla world music dopo l’esperienza Led Zeppelin, per esempio) e quello che facevi da ragazzo fa forse parte del passato e basta, tanto è vero che Plant ha escluso categoricamente più volte nuove reunion. All’epoca ti beccavi, in mezzo al concerto, un intermezzo acustico di altissima qualità, e ora no. All’epoca, si assistevano a schizofrenie di Page lunghe un quarto d’ora almeno, e ora ti becchi un bravo ed esperto chitarrista ma non il folle di un tempo. Plant solo da metà concerto è riuscito a rendere davvero bene, Jason Bonham sa picchiare sulla batteria ma non come il padre (di cui si assisteva ad almeno un assolo molto lungo nei vecchi concerti). Una nota particolarmente positiva viene secondo me da John Paul Jones, impeccabile dall’inizio alla fine. Indi per cui si può consigliare l’acquisto del DVD, per l’importanza dell’evento e comunque perché è un bel concerto, sicuramente è un grande successo paragonato ai non riusciti rari e veloci incontri delle passati decadi, ma per i Led Zeppelin al loro meglio è meglio un tuffo nel passato.

recensione di Christian Dalenz

SETLIST
1. Good Times Bad Times
2. Ramble On
3. Black Dog
4. In My Time of Dying
5. For Your Life
6. Trampled Under Foot
7. Nobody’s Fault But Mine
8. No Quarter
9. Since I’ve Been Loving You
10. Dazed and Confused
11. Stairway to Heaven
12. The Song Remains the Same
13. Misty Mountain Hop
14. Kashmir
15. Encore:
15.Whole Lotta Love
16. Encore 2:
16.Rock and Roll

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