E venne la notte, Editrice la Giuntina, pp 276, Euro 12
Un bambino di dieci anni viene strappato dalle proprie radici, costretto insieme alla famiglia ad abbandonare Tripoli e fuggire in Italia, cacciato dalla Libia insieme ad altri seimila ebrei nel 1967, a seguito della sconfitta araba nella Guerra dei Sei Giorni. Gli occhi di un bambino riescono meglio a restituirci l’assurdità di un esodo e della fine di una convivenza pacifica e fruttifera tra culture diverse ma in grande comunicazione tra loro, che facevano proprio del dialogo e dello scambio di esperienze un motivo di reciproco arricchimento, umano e culturale.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Victor Magiar, già consigliere comunale di Roma all’epoca della giunta Rutelli, Consigliere della Comunità Ebraica di Roma ed attualmente direttore del Dipartimento Relazioni Internazionali dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, nonché autore del libro ‘E venne la notte’, uscito nel 2003.
L’occasione per tornare a parlare di questo libro è la stretta attualità dei temi che questo romanzo affronta: l’immigrazione in Italia, la situazione mediorientale, le difficoltà di dialogo e di convivenza di culture e religioni diverse nel terzo millennio.
Il libro intreccia le vicende raccontate dal bambino, vissute in prima persona dall’autore costretto a lasciare la Libia, con quelle legate alla sua terra di nascita, i suoi mercati, i suoi sapori, le strade e l’impianto urbanistico di una città ridisegnata dagli italiani all’epoca delle colonie.
Il romanzo si muove poi a ritroso, raccontando la storia della famiglia del protagonista, che già alla fine del quindicesimo secolo venne cacciata dalla Spagna e già da allora costretta a vagare per l’Europa, fino all’approdo in nord Africa ad inizio novecento, prima dell’ennesima migrazione forzata.
Numerosi sono i riscontri ed i cenni storici che arricchiscono il romanzo, per meglio comprendere gli antefatti e le situazioni nelle quali si svolge la vicenda, di ampio respiro pur partendo da una situazione apparentemente marginale ma dall’alto valore simbolico.
Nel corso della nostra intervista sono emerse le analogie tra le motivazioni che hanno portato Magiar alla scrittura del suo libro e quelle che sono all’origine del recente film Valzer con Bashir, entrambi nati dall’urgenza psicanalitica di elaborare un dolore profondamente radicato nella propria memoria attraverso il racconto ed il ricordo dei fatti che hanno provocato questo disagio.
L’arrivo in Italia, le difficoltà di inserimento, la perdita di sapori, odori ed amicizie, la rimozione del ricordo e la successiva presa di coscienza dell’importanza del proprio passato per capire il presente; l’attenzione e l’ascolto della voce degli altri, l’inutilità di un atteggiamento eccessivamente allarmista e la necessità dell’accettazione dell’altro come unica prospettiva per una pacifica convivenza sono stati solo alcuni dei temi trattati nella nostra conversazione.
Magiar si dimostra un acuto osservatore della realtà che ci circonda, senza pregiudizi verso “l’altro”, ma senza nemmeno quell’atteggiamento di facile pietismo e di eccessiva esemplificazione dei problemi legati all’integrazione: solo dalla conoscenza della storia dei popoli, che necessariamente non potrà più essere ‘europacentrica’ troveremo la strada per comprendere che dalla pluralità delle voci e dei pensieri può nascere un nuovo concetto di civiltà, forse l’unico davvero efficace e duraturo.
Ascolta l’intervista a Victor Magiar
Recensione ed intervista by Fabrizio