Romanzo di una strage, di Marco Tullio Giordana con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Fabrizio Gifuni, Laura Chiatti, Luigi Lo Cascio. Italia, 2012. Durata 130 minuti.
12 dicembre 1969, Piazza Fontana, nessun colpevole, nessun nome da incidere sulla pietra a colmare il vuoto di responsabilità, possiamo leggere solamente i nomi delle 17 persone che hanno perso la vita nello scoppio della bomba nella Banca dell’Agricoltura 43 anni fa. “Romanzo di una strage” è questo, un tentativo di ridurre il vuoto che giuridicamente ha suggellato la fine di una serie di processi con presunti colpevoli, presunti testimoni, presunte ipotesi. E’ un film che si dichiara sin dai primi minuti come teatro politico nel suo senso più etimologico e risulta difficile commentarlo esclusivamente come opera filmica tour court, come dimostrano la serie di polemiche che ha ri-aperto sui fatti e le teorie che mette in scena. Giordana attua una precisa scelta stilistica utilizzando una luce livida, i colori opachi delle fotografie un po’ datate, le ombre, la non luce degli ambienti che spesso sono stati gli unici testimoni sopravvissuti ad anni di indagini discutibili e relativi depistaggi. E’ una cronaca che segue i personaggi principali anche in piccoli frammenti di vita privata e nei loro rapporti umani. Le due figure del Commissario Calabresi e dell’Anarchico Pinelli ci vengono raccontate come due persone che si stimavano e si rispettavano pur appartenendo a mondi opposti, con in comune un forte senso di lealtà ai propri ideali o alle istituzioni. Nel suo film-ricostruzione, Giordana ha anche fatto un ottimo lavoro di casting scegliendo sia nei protagonisti più visivamente famosi che in quelli che si ricordano più per il nome che per l’aspetto, attori molto somiglianti e che hanno saputo cogliere le caratteristiche peculiari del personaggio che andavano ad interpretare. La cronaca che diventa romanzo perché è questo che è successo in questi 43 anni. I fatti si sono sbiaditi tra la ridda di voci che affermavano una verità e poco dopo il suo contrario, gli indiziati prima condannati e poi assolti, l’unica condanna del 2005 a 36 anni di distanza della Corte di Cassazione che riconosce colpevoli Freda e Ventura dimostra solamente quanto l’apparato giudiziario italiano sia una macchina che macina vite e sentenze a vuoto essendo già stati assolti per ben due volte da due diverse Corti d’Appello. Giordana sceglie la cronaca, seppur romanzata in alcune parti, e probabilmente è paradossalmente il suo difetto. Chiunque non abbia abbastanza anni per aver vissuto la strage in diretta o averne seguito più tardi l’excursus sui media, si trova catapultato in un fatto che, purtroppo, può essere poco conosciuto nei particolari, in tutte le miriadi di interpretazioni, coinvolgimenti più o meno provati che ci sono stati nel corso di 43 anni, un tempo lungo una vita. Non c’è un prologo, un’introduzione, un personaggio che faccia da Caronte e che traghetti lo spettatore che non conosce, se non superficialmente la storia,nella cronaca. Oltretutto nei titoli di coda il film si dichiara liberamente ispirato al libro “Il segreto di Piazza Fontana” di Paolo Cucchiarelli del quale invece non sposa, fortunatamente, quasi nessuna ipotesi a cominciare dalla presenza di Calabresi nella stanza da dove Pinelli precipita nel vuoto. Da un’intervista a Giordana veniamo a sapere che la casa di produzione aveva già acquistato i diritti del libro e quindi era tenuta per contratto a citarlo (da qui il “liberamente ispirato”). Giordana conferma le sue qualità di regista capace di scavare nella nostra storia recente dai particolari di un fatto, un gesto quotidiano, un occhio attento che lascia parlare le immagini, le inquadrature. Purtroppo una storia come la strage di Piazza Fontana con tutte le implicazioni politiche, le responsabilità comprovate dello Stato, la memoria personale dei parenti di quanti sono morti quel giorno ed a causa di quel giorno, richiede molto più spazio, molte più parole che nessun film potrà mai concedere. Giordana ha avuto comunque il coraggio di misurarsi con questi limiti, non li ha potuti superare ma ha scritto una premessa al nostro libro della memoria, per parlarne ancora e raccontare il nostro 11 settembre alle nuove generazioni.
Recensione di Ingrid