Regia di GUS VAN SANT (2007) con Gabe Nevins, Daniel Liu
Gus Van Sant rappresenta uno dei rarissimi casi in cui un regista alternativo sia riuscito a farsi accettare da Hollywood, senza rinnegare minimamente le sue convinzioni; è un grande conoscitore della “Beat Generation” e della controcultura degli anni 60, che cita nei suoi film con piena cognizione, ed è autore di splendide opere come “Drugstore Cowboy” , dramma della tossicodipendenza, dove appare brevemente anche William Burroughs, guru della controcultura, “Cowgirl: il nuovo sesso” con una giovanissima Uhma Thurman, e “Belli e dannati”, uno degli ultimi film di River Phoenix, considerato il muovo James Dean, drammaticamente scomparso nel 93, nei quali viene rappresentata con accuratezza la cultura beatnik.
Con “Will Hunting” – Genio ribelle, il film con maggiori concessioni al “mainstream”, il regista affronta il problema del disagio di un giovane nei confronti dell’autoritarismo universitario, con lo splendido “Elephant” il drammatico eccidio di Columbine, con The Last Days, lo straniamento esistenziale ed affettivo che porta al tragico suicidio del leader dei Nirvana, Kurt Cobain.
“Paranoid Park”, premiato dalla giuria a Cannes, e tratto dal romanzo di Blake Nelson, si pone come obiettivo l’analisi del mondo giovanile, qui addirittura adolescenziale, rappresentato mirabilmente da attori non professionisti.
Si narra dello straniamento e della sofferenza esistenziale di un sedicenne di Portland, che ha involontariamente causato la morte di un agente di pubblica sicurezza, letteralmente tagliato in due da un treno, a seguito di un urto casuale.
l ragazzo viene divorato da terribili sensi di colpa, ma non rivela a nessuno l’accaduto, se non in lettere descrittive, mai inviate alla sua ragazza; approda a “Paranoid park” , un luogo di disagio sociale, dove risiedono tossici, prostitute ed emarginati, ma dove si pratica con grande perizia lo Skateboard, di cui è appassionato.
Il senso di disagio interiore spinge l’adolescente a lasciare la sua ragazza, a non impegnarsi mai in nulla di serio, neanche nelle letture, a percorrere i luoghi interiori del suo spirito cercando un ubi consistam che non troverà, mentre un Commissario di Polizia che ha intuito indaga sul mondo giovanile attorno a “Paranoid Park”.
Il film è molto ben costruito, la parabola adolescenziale molto ben descritta, è eccellente la descrizione quasi documentaristica del mondo dello skateboard , con i suoi splendidi volteggi e miracoli d’equilibrio, corredata dalle musiche di Elliott Smith, e di molti altri bluesinger: le immagini sono molto suggestive, come se l’Autore intravedesse nella pratica di quello sport un possibile percorso di riscatto dall’emarginazione sociale e dal disagio spirituale dei giovani.
Con analoga profondità è narrato lo straniamento dei giovani, la loro mancanza di prospettive, l’impossibilità di comunicazione tra loro stessi e, tanto più con un mondo adulto sordo e totalmente autoreferenziale; Van Sant, comunque, osserva, e non giudica; suggestivo, altresì, l’uso delle musiche di Nino Rota, tratte da diversi films felliniani, usate ironicamente per descrivere senza parole la crisi di rapporto tra il protagonista e la sua ragazza.
Il giovane si perde nella sua sofferenza, e dal pentimento non ci sarà alcun percorso di redenzione; le suggestive immagini del fuoco che brucia le lettere mai spedite, unico reale tentativo di comunicazione, sanciranno la sua definitiva sconfitta spirituale.
Recensione by DARK RIDER
[…] “Paranoid Park”, premiato dalla giuria a Cannes, e tratto dal romanzo di Blake Nelson, l’obiettivo […]